di Marco Delpino
Questa edizione del Festival di Sanremo 2025, tra note di allegria e mestizia, ha portato, se non altro, anche un grande messaggio di pace e di speranza.
Alla serata inaugurale, prima della performance di Noa e Mira Awad, che hanno meravigliosamente interpretato a due voci la canzone “Imagine” di John Lennon, Carlo Conti ha mandato in onda un videomessaggio di Papa Francesco in cui il Santo Padre (prima volta di un papa che… partecipa a Sanremo) ha ricordato come la musica possa diventare “strumento di pace e fratellanza, oltre che collante tra i popoli”.
Standing ovation in teatro per il duo – Mira palestinese, Noa israeliana – che hanno ridato un segno di speranza per la pace in Medio Oriente attraverso la musica: “Noi artisti non abbiamo il compito di descrivere la realtà, ma di immaginare quello che vogliamo creare. Vogliamo che l’intera famiglia umana viva in sicurezza, immaginiamo prosperità e riconciliazione e che fra un anno torneremo a festeggiare un vero accordo di pace”. Sono queste le frasi, in italiano, che Noa e Mira Awad hanno aggiunto alla loro versione di “Imagine”. Non a caso, nello sfondo del palcoscenico, è comparsa la Basilica del Sacro Convento di Assisi.
C’è una formidabile “carta” che l’Italia potrebbe “giocare” sullo scacchiere mondiale per portare avanti, seriamente, un dialogo basato sulla convivenza dei popoli. Abbiamo Assisi, città della Pace per eccellenza, abbiamo in corso l’anno del “Giubileo della speranza”, siamo alla vigilia (2026) degli ottocento anni dalla morte di San Francesco, il santo della concordia e dell’amore. Ecco perché l’Italia, a buon diritto, potrebbe diventare luogo di “incontro”, di testimonianza, di scambi e accordi e di speranza per un mondo migliore.
Siamo degli idealisti? Forse. Ricordiamo, però, l’impegno del grande Sindaco “santo” di Firenze Giorgio La Pira negli anni Sessanta e le sue profetiche parole: “Questo senso irreversibile della storia – scrisse – è la stella polare che deve orientare la politica degli stati in questa fase finale (atomica, spaziale, ecologica, demografica) del mondo”. Per La Pira l’impegno per la pace era essenzialmente per farci coinvolgere dalla storia dell’umanità.
Parole che, di lì a poco, furono riprese da papa Giovanni XXIII nell’enciclica “Pacem in Terris”, in cui fu confermato il convincimento, quanto mai attuale, che “non è utopista chi crede nella pace e lavora per essa, ma è drammaticamente utopista chi si ostina a credere di poter risolvere problemi radicalmente nuovi con metodi irrimediabilmente superati”.