Perché non destinare quel denaro per sistemare l’intero sistema idrico, la sanità, le scuole, l’edilizia e la sicurezza sismica delle due regioni interessate?
Secondo fonti governative (non si sa fino a quanto attendibili… dopo le continue “promesse” del ministro alle Infrastrutture, Matteo Salvini) la mastodontica opera di costruzione del ponte sullo Stretto di Messina (uno dei progetti infrastrutturali più costosi e controversi al mondo) dovrebbe iniziare entro l’autunno di quest’anno. Di questo “progetto” se ne parla sin dai tempi in cui Berta filava, addirittura dall’epoca romana, anche se il ponte non è mai andato oltre a una fase progettuale. Ma senza andare ai tempi di Adamo ed Eva, l’idea del Ponte sullo Stretto ha fatto parte dell’agenda politica dei governi italiani dagli anni Sessanta sino ai giorni nostri, anche se, a fasi alterne, l’opera è stata giudicata troppo costosa o tecnicamente troppo complessa. Con una campata centrale di 3.300 metri, sulla carta sarebbe il ponte sospeso più lungo al mondo. Stando alle ultime stime, l’opera costerà 13.5 miliardi di euro, ma l’Unione europea ha stanziato solo 25 milioni di euro, appena sufficienti a coprire la metà dei costi di progettazione di una rete ferroviaria che, forse, non potrebbe essere fattibile a causa dell’oscillazione della stessa struttura, oltre al rischio per l’alta attività sismica della zona che ha sollevato e solleva molti problemi di sicurezza.
Una cosa è certa: il progetto, oltre che dal 90% degli italiani, incontra da anni la forte resistenza dei residenti, i quali sostengono che i fondi nazionali ed europei potrebbero essere meglio impiegati per finanziare servizi essenziali al sud. Basti pensare che solo una parte del denaro destinato al ponte sarebbe sufficiente per sistemare l’intero sistema idrico. Per non parlare della sanità, delle scuole, dell’edilizia e della sicurezza sismica. In Sicilia e in Calabria, si sottolinea il fatto che il progetto non dispone di tutte le necessarie indagini idrologiche, sismiche e paesaggistiche, oltre a irregolarità nelle procedure e nella mancanza di una vera e propria pubblica utilità dell’infrastruttura. In Sicilia, metà dei treni viaggia ancora a diesel, mentre in Calabria i treni ad alta velocità potrebbero non arrivare mai. Quindi, il contestato progetto del ponte tra Sicilia e Calabria è davvero un’opera strategica per l’Europa e per l’Italia? Gli esperti restano in disaccordo sugli aspetti tecnici, i benefici, i costi e persino sulle procedure seguite dal Governo. Differenze che alimentano il risentimento dei residenti e la sensazione che venga loro chiesto un sacrificio inutile.
Intanto, un primo successo per gli oppositori del “progetto” è stato ottenuto in occasione delle recente udienza cautelare del ricorso proposto dinanzi al TAR del Lazio contro la valutazione di impatto ambientale, laddove è emersa la necessità di impugnare il provvedimento del Direttore Generale della Direzione Generale per lo sviluppo del territorio e i progetti internazionali del Dipartimento per le infrastrutture e le reti di trasporto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con la richiesta di ottenere il differimento dell’udienza a data da destinarsi per consentire la proposizione dell’impugnazione verso il nuovo atto. In particolare, il Comune di Villa San Giovanni e la Città Metropolitana di Reggio Calabria seguiranno, attraverso il Prof. Avv. Daniele Granara, con attenzione il complesso e lungo procedimento, manifestando, contro ogni atto che dovesse ulteriormente essere adottato, la loro ferma opposizione nei confronti di un progetto illegittimo, inutile e dannoso, non solo per le realtà territoriali coinvolte, ma per l’Italia intera.