Bambini in guerra: la vergogna che il mondo sceglie di ignorare

Quando il silenzio equivale a codardia, perché ogni bambino ucciso in una guerra è una condanna alla nostra indifferenza, e l’indifferenza è il primo passo verso l’orrore

 

di Marco Delpino

Nel cuore della Striscia di Gaza e tra le rovine delle città ucraine, la morte ha il volto dei bambini: piccoli corpi trascinati fuori dalle macerie, famiglie distrutte, infanzie cancellate da bombardamenti, esplosioni e rappresaglie. Non sono “danni collaterali”, sono vite spezzate. E sono molte. Troppe. È giunta l’ora di dire “basta” davvero contro queste nefandezze, contro queste “schifezze”, come giustamente le ha definite il francescano Padre Enzo Fortunato durante la trasmissione televisiva “Con il cuore nel nome di Francesco”.

In Palestina, la popolazione civile è intrappolata da mesi in una spirale di violenza che non risparmia nessuno. Le immagini parlano da sole: ospedali bombardati, scuole ridotte in macerie, madri che piangono i figli. La guerra condotta da Netanyahu e dal suo governo ha superato ogni limite etico e umano. Non si può combattere il terrore con il terrore, e non si può giustificare l’annientamento di intere famiglie in nome della sicurezza. Quello che sta compiendo Netanyahu è lo stesso genocidio che i nazisti portarono avanti contro il popolo ebreo durante la seconda guerra mondiale. Sangue non può chiamare sangue. E le parole ora non bastano più.

In Ucraina, le città sono diventate teatri di esecuzioni a cielo aperto. L’invasione russa ordinata da Putin ha provocato un numero incalcolabile di vittime civili, tra cui migliaia di bambini. Ogni missile che colpisce una casa, ogni razzo che rade al suolo una scuola, è un colpo sferrato all’umanità intera. La strategia è chiara: seminare paura, cancellare identità, piegare la resistenza morale di un popolo.

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Eppure, di fronte a tutto questo, la risposta della comunità internazionale è una sconcertante accettazione passiva. I governanti dei Paesi democratici, compresi i nostri, a cominciare da quel pazzo e spregiudicato “funambolo” di Donald Trump, si rifugiano dietro un silenzio diplomatico che sa di codardia e complicità. Parlano di equilibrio, di prudenza, di “accordi” che poi non portano ad alcuna conclusione, ma sono solo parole vuote. Le loro mani restano in tasca, mentre il sangue degli innocenti continua a scorrere.

Questa non è geopolitica: è una carneficina. E quando a morire sono i bambini, non c’è giustificazione che tenga, perché i bambini non si toccano, e la guerra è la vergogna più profonda dell’umanità, un crimine che si consuma giorno dopo giorno sotto gli occhi di tutti. E chi la conduce con spietatezza, come Putin e Netanyahu, deve essere chiamato con il solo nome che merita: assassino.

È ora che i popoli, prima ancora dei governi, alzino la voce. Che la coscienza collettiva si scuota dall’apatia e dalla paura. Che si pretenda giustizia, non vendetta. Che si ponga fine a questa barbarie.

Perché ogni bambino ucciso in una guerra è una condanna alla nostra indifferenza. E l’indifferenza è il primo passo verso l’orrore. In questo mondo tormentato dall’odio, non possiamo lasciare spazio agli egoismi e alla vigliaccheria di chi, con la pancia piena, nasconde la spazzatura sotto il tappeto su cui vergognosamente s’adagia.

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1 commento

Rosa Perrone 25 Maggio 2025 - 23:41

Bell’articolo! Più che una guerra quella di Netanyau è una rappresaglia e le modalità in cui la sta portando avanti ricordano il genocidio dei nativi d’America. Ceŕto è che si è andati oltre l’immaginabile. E ancora non è finita!

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