ASMARA E OLTRE: istruzioni per sorprendersi 14/23

di Maria Antonella Pratali

Quattordicesima puntata – Cena a Massaua con banda di felini

Arriviamo da Sallam, dove si mangia pesce fresco. Il cameriere ci fa accomodare a un tavolo all’esterno, poi ci invita in cucina a scegliere il pesce. Attraversiamo un locale fatiscente e arriviamo in una cucina buia e surriscaldata da un fuoco vivo, che arde nel mezzo di un bancone in laterizio. Sulle piastrelle che in parte lo rivestono, sono adagiati i pesci; scegliamo le cernie, che ci verranno cucinate arrostite con spezie. Ci accomodiamo al tavolo, non lontani da un gruppo di avventori che stanno già mangiando. Siamo circondati da un nugolo di gatti, che si accapigliano attorno ai resti lanciati dalla tavola a fianco: lische, teste, pelle di pesci.
I felini combattono duramente tra di loro per accaparrarsi i resti più sostanziosi, che poi divorano in fretta. Non mancano soffi minacciosi, graffi e morsi tra pari, finché uno, a turno, non ha la meglio e si allontana impettito con un bottino tra le fauci. Sono particolari questi gatti. Smilzi e variopinti, hanno orecchie più grandi rispetto ai nostri, qualcuno porta i segni di vecchie battaglie, sono selvaggi, ma con gli umani sono amichevoli. Puro opportunismo.
Poi arrivano i cani. Uno si siede al mio fianco e mi guarda, paziente. L’altro ingaggia una lotta feroce con la folla dei gatti; con due incursioni a denti scoperti riesce a sottrarre una parte del bottino, che consuma sul posto, voracemente e sempre in guardia, circondato dai gatti che tentano agguati continui quanto inefficaci.
Accanto a noi parcheggiano due SUV, di cui abbiamo il privilegio di inalare i fumi, prima che i motori, con comodo, vengano spenti. Poco più in là alcune famiglie hanno trascinato fuori brande e materassi. Passeranno lì la notte, in cerca di un impossibile refrigerio e di un refolo clemente che consenta di prendere sonno.
Le cernie, accompagnate da kitcha (una sorta di focaccia non salata, simile alla piadina) e da salsine piccanti, sono squisite.
Dopo cena beviamo un karkadè nel giardino dell’hotel Dahlak, con affaccio sul mare. Qui l’atmosfera è diversa. I clienti dell’albergo e gli altri avventori sono piuttosto eleganti, il verde è curato, una musica soffusa accompagna le nostre chiacchiere. Incuriositi dalla bella struttura esterna dell’albergo, in stile coloniale-arabo, chiediamo di visitarne l’interno, un misto di esotico rivisitato e confort moderno.
Tornati a Gurgussum, tento di dormire, al fresco del condizionatore. E la notte, in un modo o nell’altro, passa.

(Continua. Gurgussum, etnia Rashaida, dromedari alla spiaggia)

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