LETTURE PER…L’ESTATE. “Igiene dell’assassino” di Amélie Nothomb

di Maria Antonella Pratali

Pubblicato nel 1992, questo thriller psicologico è l’esordio letterario folgorante di Amélie Nothomb.
La sua biografia è di per sé un romanzo: nata in Giappone nel 1967 da genitori belgi, segue il padre diplomatico e vive in vari Paesi, tra cui Cina, Birmania e Stati Uniti, collezionando esperienze che alimentano la sua scrittura cosmopolita e straniante.
L’atmosfera surreale che pervade ogni sua opera ci cattura anche qui sin dalle prime righe, con una prosa colta e fluida, dialoghi genuini e un’ironia tagliente.
La storia si svolge attorno a Prétextat Tach, scrittore di successo mondiale, premio Nobel per la letteratura, che scopre di dover morire di cancro entro un paio di mesi. A dispetto della sua proverbiale misantropia, decide quindi di concedere un’intervista ad alcuni giornalisti, accuratamente selezionati dal suo segretario. I primi che si avventurano nell’impresa vengono sbaragliati dal suo sarcasmo e dalla sua genialità brutale, e quindi cacciati in malo modo.
L’unica che riesce a tenere testa allo scrittore obeso, informe, sgradevole e ormai invalidato dall’adipe è Nina, che non si lascia intimidire e ribalta gradualmente il rapporto di potere. Nina è riuscita a ricostruire i primi diciotto anni dello scrittore, avvolti nel mistero. Scavando nel passato di Tach, è riuscita a penetrare alcuni suoi segreti, e soprattutto uno, il più mostruoso.
Dapprima reticente ad ammettere la verità, poi affascinato dalla personalità arguta e determinata della giornalista, lo scrittore aggiunge particolari alla ricostruzione della propria vita precedente e illustra con lucidità e logica ferrea le ragioni di quanto commesso, continuando a definire il suo operato “indispensabile e senza alternativa”.
Il libro è un’indagine sulla natura umana, sull’arroganza intellettuale, ma anche sul bisogno di essere smascherati.

Geniale nell’illustrare situazioni paradossali con dettagli accurati e realistici, divertente in alcuni passaggi, Nothomb ci introduce in un universo dove ogni parola è una lama affilata e ogni verità ha più volti. 

Un po’ debole il finale, in cui non viene dipanato a sufficienza il travaglio interiore che conduce Nina a prendere una decisione tanto disturbante quanto inaspettata, in perfetto stile Nothomb. 

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