Per le sue battute comiche, l’attore fu perseguitato dai nazi-fascisti
di Aldo Marzi
Più volte, nella ricorrenza del 25 Aprile, il Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi (dal 1999 al 2006, scomparso nel 2016) ribadì con forza il valore della Resistenza e della Costituzione (sua “Bibbia civile”), come pure del tricolore italiano. La Resistenza, infatti, nonostante il revisionismo, fu un movimento di lotta al Nazifascismo, europeo e non solo italiano, molto importante per la rinascita della democrazia e vi parteciparono tutte le classi e le formazioni politiche che la dittatura mussoliniana aveva duramente represso fin dagli anni ‘20. Oltre ai militari (come ricordava il compianto Presidente Ciampi), a tantissime donne, ai ragazzi, ai sacerdoti (penso alla figura di Don Pietro, interpretato da Aldo Fabrizi in “Roma città aperta” di Rossellini). Ma molti dimenticano che anche i comici hanno fatto la loro parte. Come ha scritto Liliana de Curtis nel suo libro: “Totò mio padre”: per tutti i comici la satira del potere è una tentazione irresistibile cui non si sottraevano né Totò, né i De Filippo che, infatti, si guadagnarono a buon diritto la fama di accesi antifascisti, rischiando nel ‘44, a Roma, di essere deportati come nemici del regime (alleato dei Nazisti). Effettivamente per la sua satira nei confronti della dittatura fascista, Totò (anche se tollerato, in quanto gloria nazionale e ammirato da tutti in teatro) fu spesso censurato dal Minculpop negli anni ‘30. Il massimo della censura politica nei suoi confronti fu raggiunto a causa della sua grottesca caricatura di Hitler (che Totò definiva un mostro…), poco dopo l’attentato da lui subito in Germania. La feroce parodia del dittatore (improvvisata in scena) suscitò una forte reazione dei nazifascisti presenti in sala, che misero una bomba al teatro Valle a Roma. E per fortuna Totò riuscì a fuggire, evitando l’arresto. L’attore dovette nascondersi (come pure i fratelli De Filippo, da lui avvisati in tempo) prima a Roma a casa di un amico a via del Gelsomino e poi per non essere scoperto a Valmontone, con la figlia Liliana ancora piccola, affrontando molti problemi: la delazione, la fame, gli attacchi aerei. Va, ricordato che Totò, faceva sempre, allora, dei suoi spettacoli teatrali (le “Riviste” con Galdieri) continuamente controllati e censurati, un mezzo di contestazione popolare al regime ormai in crisi a causa della guerra (e della stretta alleanza italo-tedesca) a fianco dei Tedeschi, che spadroneggiavano, delle leggi razziali, delle stragi di civili e di militari italiani, della fame, delle distruzioni, delle numerose sconfitte sui vari fronti di guerra contro gli Angloamericani e in Russia. E dava sfogo, grazie alla sua grande popolarità di maschera, erede della Commedia dell’Arte e del Pulcinella/burattino dal fisico snodabile e dalle pirotecniche battute (questa la sua vera immunità) al sentimento collettivo di protesta e di critica. In sintonia con coloro che si proponevano clandestinamente di gettare le basi di una nuova Italia (sembra che il comico napoletano abbia anche finanziato la Resistenza romana, lui monarchico, fautore di una Monarchia diversa, vicina alle istanze del popolo e si sentiva fiero di aver fatto anche lui una “resistenza”, poiché sentiva che “quel qualcosa politico (la dittatura)non poteva andare”… E aggiungeva: “in quei momenti io ce l’avevo con i Tedeschi e nelle battute delle “Riviste” ci mettevo un po’ di malignità…Vedevo per strada i rastrellamenti, le fucilazioni… Certo ne abbiamo passate”. Quindi anche Antonio de Curtis, in arte Totò (rischiando di persona più di Chaplin, autore del film “Il grande dittatore”, che viveva però in America) ha avuto un suo ruolo importante soprattutto nella demistificazione dei miti del regime e dei due Superuomini allora al potere in Italia e in Germania. Ciò non va sottovalutato. Ma egli aveva anche resistito alle lusinghe e alle pressioni di certo cinema di regime degli anni ‘30, che voleva fare di lui una sorta di Charlot all’italiana (da contrapporre all’attore ebreo ed inglese Chaplin); o un erede del romano Ettore Petrolini (da poco scomparso), protetto da Mussolini e da lui usato per la sua satira antiborghese (sebbene la spina dorsale del regime fosse proprio la borghesia!). Totò preferì sempre restare se stesso (e in quanto tale accettò di esibirsi in Etiopia per gli italiani nel ‘39 e dette molti aiuti anche alla popolazione locale, soprattutto ai bambini, poveri e denutriti d’Africa) e fu coerente con le sue idee di libertà e fratellanza (nel ‘44 fu anche affiliato alla Massoneria). Grande maschera napoletana e di tutti gli italiani, nemico della guerra, della violenza e dei “caporali” (come si nota in alcuni film) Totò affermava in un suo film: “Vostro Onore, mi oppongo, mi oppongo a tutto, a priori”…
Nella foto: una scena del celebre film “I due Colonnelli”.