Le acciughe, l’argento del mare, emigreranno verso acque più fredde

Nel Mediterraneo le acciughe diminuiscono: le acque si riscaldano, il cibo scarseggia. A rischio anche sardine, tonni e l’equilibrio degli ecosistemi mari

di Antonio Bovetti

I cambiamenti climatici producono nuovi effetti negativi sempre più preoccupanti. Una delle ultime conseguenze del riscaldamento climatico lo si può constatare nel Mediterraneo: le acciughe, chiamate con affetto dai pescatori liguri “l’argento del mare”, sono sempre più piccole e costrette a spostarsi al largo, alla ricerca di acque più fredde e ricche di nutrimento. Questo fenomeno è causato dalla progressiva riduzione delle correnti marine, che causano un calo della disponibilità di alimento. Le acciughe non sono le sole a soffrirne: anche le sardine, i tonni e molti altri pesci – oltre agli stessi ecosistemi marini – sono nella stessa situazione e perciò in pericolo. L’innalzamento delle temperature sta compromettendo uno dei motori biologici del Mediterraneo: il fenomeno dell’upwelling, ovvero l’emersione in superficie di acque profonde, fredde e ricche di nutrienti. Questo processo è vitale per l’equilibrio naturale della flora e della fauna: le correnti che risalgono dai fondali portano con sé sostanze fertilizzanti che alimentano il fitoplancton, base della catena alimentare marina. A lanciare l’allarme in una nota è Confcooperative – Fedagripesca. «Entro il 2050 –   si legge nella nota dell’associazione – si rischia una riduzione del 20% dei fenomeni di upwelling, che diventeranno meno frequenti, meno intensi e meno efficaci rispetto al passato, con effetti a cascata su pesci, ecosistemi e comunità costiere che vivono di pesca». Eppure, a livello globale, le zone di upwelling coprono solo l’1% degli oceani ma forniscono fino al 50% del pescato mondiale. Nel Mediterraneo, anche se il fenomeno è meno intenso, si concentra in aree specifiche ad alta produttività biologica: lo Stretto di Messina, Carloforte in Sardegna, la costa adriatica orientale e il Canale di Sicilia. In questi “l’ hotspot, upwelling” è attivato dai venti costieri e alimenta il fitoplancton, sostenendo specie come acciughe, sardine e tonni. «Questa dinamica – spiegano gli esperti di nella nota – supporta tra il 40% e il 60% degli stock ittici del Mediterraneo». Quando le correnti si indeboliscono, si verificano migrazioni forzate, come quella delle alici, e aumenta la presenza di specie aliene provenienti da acque più calde. Al contrario, le specie autoctone tendono a diminuire drasticamente. Secondo uno studio dell’Università del Salento, in Puglia e in Sicilia la densità dei ricci di mare è crollata sotto gli 0,2 % per metro quadrato.

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