Nel nuovo saggio intitolato “Totò: la metamorfosi dell’archetipo – Da Pulcinella a Pinocchio” (edito dalla “Tigulliana”), lo scrittore Aldo Marzi scava nella profondità simbolica della maschera comica del “Principe della risata”
di Marco Delpino
Aldo Marzi, nel suo nuovo saggio intitolato “Totò: la metamorfosi dell’archetipo – Da Pulcinella a Pinocchio” (edito dalla “Tigulliana”), parte dalla faccia del “Principe della risata” per ritrovare le stesse tensioni, ambivalenze e metamorfosi che abitano sia il burattino collodiano sia la maschera di Pulcinella. Il grande attore, infatti, è stato un personaggio stratificato, cangiante, continuamente oscillante tra verità e finzione, infanzia e maturità, burla e tragedia. E quello di Totò non è un volto realistico, ma qualcosa che sembra sempre sul punto di deformarsi: mobile, eccessivo, esagerato. Una faccia che sfugge alla fissità dell’identità e diventa maschera, proprio come Pinocchio e Pulcinella. Per Aldo Marzi, la maschera di Totò è una “pelle d’infanzia” mai abbandonata che resta nel limbo tra l’umano e l’infantile, tra il conscio e l’istintivo, tra il vero e il fasullo. La sua recitazione è fatta di tic, di scatti, di invenzioni continue del linguaggio e del corpo. È una comicità che non si limita a far ridere, ma smaschera il mondo.
Sia Pinocchio che Pulcinella sono simboli di ribellione, di disobbedienza strutturale all’autorità e all’ordine. Totò incarna la stessa anarchia. Nei suoi film, è spesso un poveraccio che si prende gioco dei potenti, scardina le regole con l’assurdo, resiste alla realtà con l’arma dell’immaginazione. Totò mente, trucca, inventa, per sopravvivere e per svelare l’ipocrisia di chi lo circonda. La sua arte è una forma di resistenza.
Un altro punto centrale del saggio di Marzi è la riflessione sull’identità che cambia spesso: nobile decaduto, poveraccio affamato, impostore, soldato, vagabondo. Non ha una forma stabile, ma assume di volta in volta il ruolo che la commedia gli assegna. Come una maschera della Commedia dell’Arte, Totò si adatta al contesto, ma lo fa portando sempre con sé un fondo di malinconia. Non è mai del tutto dentro il personaggio, c’è sempre una smorfia che rompe l’illusione. Infine, Marzi sottolinea che la maschera di Totò non nasconde ma espone e rende visibile ciò che normalmente si cela. È una maschera che mostra le contraddizioni dell’umano, la goffaggine, la solitudine, la fame, ma anche la fantasia, la forza e la sopravvivenza. Totò, dunque, ha conservato lo sguardo del bambino (Pinocchio) e la simpatia di Pulcinella. Un Artista che ha imparato a vivere tra le crepe del mondo reale senza smettere di sognare. Un attore che ha fatto della propria maschera un luogo di verità. Aldo Marzi lo celebra come un simbolo vivente della metamorfosi e della libertà.
La copertina del nuovo saggio dello scrittore Aldo Marzi.