Un’analisi dell’impennata dei prezzi del gelato dal 2002 a oggi, tra caro-materie prime, shrinkflation e dinamiche di mercato: nel 2025 i costi salgono ancora
di Antonio Bovetti
L’estate, si sa, è sinonimo di gelato. Goloso, rinfrescante, consolatorio: senza dubbio è uno degli alimenti più amati nei mesi caldi, e in particolare in questo inizio di luglio. Ma da qualche anno è diventato una leccornia dal prezzo sempre più alto!
Secondo una recente analisi dell’Osservatorio Nazionale di Federconsumatori, nell’ultimo anno il costo del gelato è aumentato in media del +9%, con picchi ancora più alti nel caso delle confezioni industriali: +24% per i gelati a stecco e +23% per quelli in vaschetta. Latte, zucchero e cacao, ingredienti base di ogni gelato, hanno effettivamente registrato negli ultimi anni un sensibile aumento dei costi. A questo si è aggiunto il caro-energia, che ha colpito sia i produttori artigianali sia l’industria del freddo. Tuttavia, secondo Federconsumatori, questi fattori non sono sufficienti a giustificare rincari che in certi casi superano il doppio in appena due anni. Facciamo qualche confronto: dal 2022 a oggi, un cono piccolo in gelateria è passato da 1,50 euro a una media di 2,90 euro, quasi il doppio. Un gelato confezionato, ovvero un cono industriale impacchettato, costava 1,20 euro nel 2022 e oggi si acquista a 2,50 euro. Ciononostante, i consumi non sembrano aver subito un calo significativo, anche perché le temperature elevate sembrano giocare a favore degli esercenti e produttori! Allargando lo sguardo oltre l’ultimo anno, i dati dell’Osservatorio evidenziano un trend di lungo periodo ancora più significativo. Rispetto al 2021, i costi del gelato sono aumentati in media del +42%. Se il confronto si sposta al 2002, l’aumento medio dei prezzi è addirittura del +138%. In vent’anni, il prezzo di un alimento considerato tradizionalmente popolare è più che raddoppiato, superando l’inflazione generale nello stesso arco temporale. Ma c’è di più: non solo aumentano i prezzi, diminuiscono anche le quantità! Questo è particolarmente evidente nei prodotti confezionati. Il fenomeno si chiama shrinkflation ma, parliamoci chiaro, sono una riduzione del contenuto o delle dimensioni dei prodotti, a fronte dei prezzi addirittura in aumento. A conferma di questa tendenza, Federconsumatori segnala che i gelati a stecco si sono rimpiccioliti in media del 15% rispetto al 2002. Anche le versioni “gourmet”, spesso pubblicizzate come “premium”, hanno visto una riduzione del volume e un aumento del prezzo finale. Il risultato? Un doppio svantaggio per il consumatore: si paga di più per un prodotto di qualità standard e in quantità ridotta. Se da un lato l’incremento dei costi produttivi è innegabile, dall’altro emerge una tendenza commerciale ben precisa: sfruttare il posizionamento del gelato nel mercato per aumentare i margini, agendo sia sul prezzo sia sulla quantità. Va però detto che nelle migliori gelaterie artigianali si osserva un’evoluzione verso prodotti più elaborati: coni più grandi, ingredienti ricercati, versioni senza glutine, biologiche, personalizzate. Questo trend giustifica in parte l’aumento dei prezzi, che corrisponde anche a un miglioramento della qualità percepita, puntando a offrire un’esperienza più ricca al cliente. L’incremento del prezzo dei gelati è un caso esemplare di come la microeconomia quotidiana e le scelte di acquisto individuali possano riflettere fenomeni più ampi: inflazione, dinamiche dei mercati globali, strategie di marketing, politiche commerciali mirate ad aumentare i margini.
Il “caro gelato 2025” diventa così un fattore non trascurabile in un contesto in cui le famiglie italiane già affrontano rincari in molteplici ambiti, dalla spesa alimentare alle bollette. Anche gli aumenti apparentemente marginali, come quello del gelato, contribuiscono a una crescente percezione di insicurezza economica. Il caso del gelato invita infine a una riflessione più ampia: sulla trasparenza dei prezzi, sulla tutela del potere d’acquisto dei consumatori e sull’importanza di monitorare pratiche commerciali come la shrinkflation, che spesso passano inosservate, ma che finiscono per svuotare lentamente il portafogli dei cittadini.
Glossario
Shrinkflation: Il termine “shrinkflation” deriva dalla combinazione delle parole inglesi “shrink” (restringere) e “inflation” (inflazione). Le aziende riducono le dimensioni, la quantità o il peso di un prodotto mantenendo invariato o, molte volte, aumentando il prezzo. In pratica, si paga lo stesso prezzo, ma si riceve meno prodotto.