di Marco Delpino
Nel nostro Belpaese c’è una consumata abilità a manipolare anche l’evidenza, piegandola alle proprie finalità.
Succede così che, se si scrive un articolo, un’inchiesta, un servizio per proteggere la natura, si è subito arruolati
d’ufficio tra gli ambientalisti a oltranza, come se difendere la terra non fosse un dovere di tutti, dal primo all’ultimo
degli uomini, senza linee di confine.
Del resto, le cifre parlano chiaro e non sono affatto una fune da tirare come si fa ancora nelle sagre.
Quasi il 20% delle nostre coste è stato divorato dal cemento: quindi perso per sempre.
C’è da chiedersi se questa “erosione” sia normale.
E non è questo l’unico dato fornito dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
Ogni giorno sono sacrificati 55 ettari di penisola, compresi 34 mila ettari di aree protette.
Soltanto in un anno, nel 2024, l’Italia ha perso 25 mila kmq di suolo in nome dell’urbanizzazione.
Bersaglio principale sono le aree agricole (60%), seguite da quelle urbane (22%) e da quelle naturali (18%).
Le strade sono quelle che sotterrano la fetta principale di terreno, perché si prendono il 40%, mentre il 30% è
appannaggio della casa. Il resto va sotto le voci: campi sportivi, cortili, parcheggi, cantieri, porti e aeroporti.
L’effetto collaterale è pesante: a causa della cementificazione, in cinque anni si sono avute emissioni di carbonio per 5
milioni di tonnellate, pari allo 0,22% dell’intero quantitativo immagazzinato nel suolo e nella biomassa vegetale.
Ai primi posti tra le regioni più consumate figurano Lombardia e Veneto, con quasi il 10%.
La Liguria, invece, è maglia nera per la copertura del suolo nelle vicinanze dalla costa, dai corsi d’acqua e nelle aree a
pericolosità idrogeologica. Queste aree, ormai, sono impermeabilizzate per il 30%. Le conseguenze (alluvioni,
smottamenti, frane, erosioni) le abbiamo viste purtroppo a sufficienza.
Tuttavia, nonostante i campanelli di allarme, la classe politica sembra voler non sentire, sembra voler continuare in una
perversa situazione di sfruttamento del territorio. Salvo poi piangere sul latte versato. Lacrime di coccodrillo, che non
dovrebbero incantare più nessun Cittadino, ma che invece servono a far dimenticare in fretta. Perché troppo in fretta sta
correndo questo nostro mondo.