L’Italia non è più un Paese di… ricchi

Un tempo le famiglie avevano risparmi superiori a quelli di francesi e tedeschi, ma ora sono state sorpassate. Il valore degli immobili è in calo, i patrimoni crescono meno dell’inflazione e i redditi stagnano. Altri Paesi hanno reagito con crescita e investimenti, mentre il nostro futuro economico appare sempre più incerto. La ricchezza privata ha raggiunto nel tempo un tale livello di mitizzazione che i politici l’hanno usata per giustificare i pessimi fondamentali economici, a volte suggerendo che avrebbe compensato il crescente debito pubblico, senza comprendere che si stava suggerendo cosa? Patrimoniali? Espropriazioni di massa? C’è stato un tempo in cui il nostro Paese era tra quelli con il maggior rapporto tra patrimoni e reddito, venti anni fa la ricchezza delle famiglie valeva complessivamente 8,06 volte il reddito aggregato, più che negli Stati Uniti, 7,22, o nel Regno Unito, 7,02, più che in Francia, 7,17 volte o che in Germania, solo 4,92 volte. Nel tempo questo indicatore era addirittura cresciuto, nel caso dell’Italia, fino a raggiungere 8,93 volte i redditi nel 2013, nonostante la crisi economica profonda, o forse anche a causa della crisi, che aveva fatto diminuire le entrate, mentre i patrimoni resistevano e continuavano a valere molto più che altrove in relazione al resto dell’economia. La responsabilità è stata principalmente della svalutazione degli immobili, il loro valore complessivo nei patrimoni nel 2023 era addirittura inferiore a quello del 2011 e 2012. Se in solo sei anni, tra 2005 e 2011 era cresciuto del 34,9 per cento, nei successivi dodici anni è sceso, per poi risalire, ma non abbastanza, al punto di essere, negli ultimi dati, solo del 31,2 per cento maggiore di venti anni fa, mentre l’inflazione, come si è visto, è stata del 43,7 per cento. Se, secondo Eurostat alla fine dello scorso secolo il tasso di risparmio lordo delle famiglie era superiore al diciassette per cento, più ampio di quello medio della Ue, che era del 13,7 per cento, dopo quasi venticinque anni in Italia è sceso al dodici per cento, superato da quello medio Ue, rimasto stabile o leggermente aumentato oltre il quattordici per cento. Ma cosa può succedere se anche i mercati finanziari, oltre che quello immobiliare, dovessero tradire per qualche cigno nero cui ormai siamo abituati? E se, come accadrà, le eredità degli anziani non saranno un domani così ricche perché il tempo delle pensioni retributive e dei baby-boomer votati al risparmio sta finendo? La risposta è sempre la stessa, è sulla crescita dell’economia che dovremmo puntare, che genera salari in aumento e risparmi più abbondanti. Una crescita che latita, però.

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