di Maria Antonella Pratali
Chi erano le giovani tedesche costrette a mangiare nella Tana del Lupo (Wolfsschanze)?
E perché a questo e ad altri quartieri generali di Hitler sparsi nell’Europa occupata fu attribuito un nome che richiamava in varie declinazioni il lupo?
Il nuovo film di Soldini “Le assaggiatrici”, ispirato al romanzo di Rosella Postorino, di cui mantiene il titolo, ci propone la storia di quindici ragazze trascinate nel 1942 in una foresta di conifere buia e umida della Prussia Orientale, oggi Polonia.
Qui erano stati costruiti nel 1940 ottanta bunker in calcestruzzo armato, collegati tra loro da tunnel e circondati da campi minati. Il quartier generale si trovava non molto distante dal confine con l’Unione Sovietica, di cui Hitler stava progettando l’invasione. Hitler vi soggiornò, salvo alcune interruzioni, dal 24 giugno 1941 al 20 novembre del 1944.
Qui ricevette molti politici europei, tra cui Mussolini.
Qui ebbe luogo l’attentato al Führer del 20 luglio 1944, progettato da oppositori militari, politici e nobili tedeschi. Morirono tre ufficiali e uno stenografo per l’esplosione della bomba, introdotta nella tana dal colonnello della Wehrmacht Claus Schenk von Stauffenberg, ma il Lupo si salvò miracolosamente.
Hitler stesso si era attribuito questo soprannome negli anni Trenta, e così veniva chiamato talvolta dai suoi fedeli più vicini. Il lupo rappresentava nell’immaginario hitleriano l’animale selvaggio per eccellenza, sanguinario, spietato e inesorabile. Addirittura “Werwolf” (lupo mannaro) venne denominato il suo quartier generale in Ucraina.
Le quindici giovani donne avevano il compito di assaggiare prima del Lupo i piatti che venivano poi offerti a lui. Quattordici di loro furono uccise dai soldati sovietici nel 1944, una si salvò e visse tacendo fino all’età di 95 anni, quando rilasciò un’intervista in cui rivelò finalmente la storia propria e delle compagne.
Margot Wölk, nata il 27.12.1917 a Berlino, aveva rifiutato di partecipare alla Lega delle Ragazze Tedesche fondata dai nazisti, suo padre era stato condannato per non aver voluto aderire al partito nazista. Eppure fu costretta a mettere a repentaglio la propria vita per salvare quella dell’odiato Führer, dato che si sospettava che gli Alleati volessero avvelenarlo.
Mentre la Germania soffriva la fame, lei e le altre potevano gustare i cibi più squisiti, bere addirittura il caffè vero. Ma anziché goderne, Margot provava ripugnanza e faticava a non vomitare. Il cibo era diventato metafora di morte e paura, tanto che alla fine di ogni pasto, ritrovandosi ancora in vita, scoppiava in un pianto liberatorio.
Scampò alla morte grazie a un soldato nazista che la mise sul treno per Berlino (la Tana aveva una stazione ferroviaria e un piccolo aeroporto). Qui cadde comunque nelle mani dei sovietici, che la violentarono per due settimane di fila lasciandole ferite inguaribili, ma si salvò.
“Mi ci è voluto molto tempo per tornare ad apprezzare il cibo, ma ce l’ho fatta”, disse alla “Berliner Zeitung” nel 2012, sbocconcellando una fetta di torta. “Furono i peggiori anni della mia vita”.
La speranza e la voglia di vivere le tornarono a poco a poco, soprattutto quando riuscì a ricongiungersi col marito, reduce di guerra e sopravvissuto ai campi di prigionia sovietici. Ma l’incubo delle violenze subite non l’abbandonò mai più.
2 commenti
[…] Il tragico epilogo della storia vera lo si può conoscere nell’approfondimento di Maria Antonella Pratali “Nella tana del lupo, a un boccone dalla morte” (https://italiasara.it/2025/03/30/cinemitalia-approfondimenti-nella-tana-del-lupo-a-un-boccone-dalla-…). […]
[…] Il tragico epilogo della storia vera lo si può conoscere nell’approfondimento di Maria Antonella Pratali “Nella tana del lupo, a un boccone dalla morte” (https://italiasara.it/2025/03/30/cinemitalia-approfondimenti-nella-tana-del-lupo-a-un-boccone-dalla-…). […]