Sanità italiana: chirurghi in fuga

Allarme per la crisi di “vocazioni mediche”, ma la robotica rilancia l’eccellenza italiana

 

di Antonio Bovetti

La sanità italiana rischia di trovarsi presto senza chirurghi. L’allarme arriva dalla Società Italiana di Chirurgia (Sic) e dall’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani (Acoi), che denunciano una vera e propria crisi di vocazioni tra i giovani medici. I numeri parlano molto chiaro: il 50% dei posti nelle scuole di specializzazione in chirurgia resta scoperto e il 20% degli iscritti abbandona il percorso già dopo il primo anno. In alcune sedi, nessun laureato ha scelto di intraprendere la formazione chirurgica.

«Oggi purtroppo i giovani si stanno allontanando da questa specializzazione – sottolineano Sic e Acoi –. Una tendenza preoccupante che rischia di compromettere il futuro della professione».

Eppure, proprio mentre si fa più evidente la crisi di vocazione, la chirurgia italiana vive una stagione di grande innovazione grazie all’impiego crescente delle tecnologie robotiche. Secondo i dati aggiornati al 2024, in Italia sono stati effettuati circa 14.000 interventi di chirurgia robotica, con un incremento del 40% rispetto all’anno precedente. Di questi, il 25% è stato eseguito nella Campania, confermando l’eccellenza della regione nel settore.  Uno dei settori più dinamici è quello della chirurgia dell’obesità, che ha registrato negli ultimi quattro anni una crescita del 600% degli interventi robotici. Ma senza la formazione di nuovi chirurghi, avvertono gli specialisti, anche i progressi tecnologici rischiano di rimanere inapplicati. Oggi bisogna saper usare bene queste nuove tecnologie e conoscere i loro limiti.  Alla base del calo di interesse per la chirurgia, secondo gli esperti, ci sono molteplici fattori: dallo stress elevato rispetto ad altre specializzazioni alla scarsa tutela legale in caso di contenziosi, fino a un riconoscimento economico inadeguato. Una situazione che, denunciano, necessita di risposte urgenti da parte del Ministero della Salute.  A Napoli, durante il congresso nazionale di chirurgia, non si parlerà solo di crisi. Ampio spazio sarà dedicato alla storia e ai protagonisti del progresso scientifico in ambito chirurgico. Tra i casi simbolo, quello di Erich Mühe, il medico tedesco che 40 anni fa fu deriso e sospeso dall’Ordine per aver eseguito la prima colecistectomia laparoscopica al mondo: un intervento oggi considerato standard.  «Racconteremo ai giovani e al grande pubblico – spiega il professor Luigi Docimo, direttore della Scuola di Medicina e Chirurgia dell’Università della Campania – come ciò che oggi diamo per acquisito sia stato in realtà frutto di coraggiose intuizioni e battaglie culturali. Spesso i pionieri della chirurgia hanno pagato un prezzo alto per l’innovazione».  Un altro esempio è quello del pilota Carlos Sainz, tornato in pista e vincitore in Formula Uno appena 15 giorni dopo un’appendicectomia laparoscopica. «Oggi ci sembra normale – evidenzia Vincenzo Bottino, direttore generale dell’Ospedale Evangelico Betania e presidente Acoi – ma fino alla fine dell’Ottocento l’appendicite era una condanna a morte. Anche negli anni ’80, i primi interventi laparoscopici furono osteggiati».  Durante il congresso verrà anche assegnato il Premio “Enrico Di Salvo” per giovani chirurghi under 40, in memoria del medico napoletano fondatore di una delle più attive missioni chirurgiche umanitarie in Sudafrica, scomparso lo scorso febbraio.  Il futuro della chirurgia verrà con i giovani chirurghi supportati dal l’evoluzione tecnologica? «Come accaduto per la laparoscopia – conclude Docimo – anche la robotica, oggi appannaggio dei grandi ospedali e dei policlinici universitari, sarà presto accessibile grazie a percorsi formativi più diffusi e alla riduzione dei costi. Ma questa nuova rivoluzione tecnologica non potrà prescindere dal recupero della vocazione chirurgica tra i giovani medici. Senza la loro passione, nessuna innovazione potrà davvero fare la differenza».

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