CinemItalia Approfondimenti, ‘Nosferatu uno e trino’

di Maria Antonella Pratali 

Che sembianze ha il male? E perché ci incuriosisce o addirittura ci affascina?
Fin dai suoi esordi il cinema (e non solo) gli assegna molti volti, mostruosi o bellissimi, disgustosi o
accattivanti che siano.
Attribuire un’immagine ripugnante al male ci dà l’impressione, o l’illusione, di poterlo individuare
e quindi di potercene difendere.
È questo che hanno fatto Murnau, Herzog e Eggers nei loro ritratti di Nosferatu.
Ma fateci caso, per impressionare ancora noi spettatori del terzo millennio, le caratteristiche
spaventose del vampiro devono essere riviste alla luce dello spirito del tempo. Tanto che
l’antesignano di tutti i vampiri e anche di tutti i film horror, il “Nosferatu” di Murnau (1922), pur
nella magnifica interpretazione di Max Schreck, ci appare, visto con i soli occhi del presente, a
tratti un po’ buffo; basti pensare alla scena in cui il Conte Orlok, Nosferatu, se ne va in giro a
Wisborg, città immaginaria della Germania, portandosi la bara sottobraccio come un bagaglio al
seguito.
Tra l’altro, forse non tutti sanno che il povero Schreck (che in tedesco significa “spavento”) godeva
di una strana fama: poiché si presentava rapidamente in scena già perfettamente truccato e calato
nella parte, molti pensavano che fosse veramente un vampiro.
Nel 1979 Werner Herzog dà a Nosferatu il volto di Klaus Kinsky, che spaventa perfino senza trucco.
Se in Murnau il vampiro rappresenta la morte, in un’epoca segnata dalla Prima Guerra Mondiale e
dall’influenza spagnola, una “sinfonia dell’orrore” psicologico e sociale, oltre al Male che vuole
corrompere la purezza, in Herzog è una forza distruttrice, né buona né cattiva in quanto parte
della natura, una figura tragica e complessa, tormentata dalla solitudine e dal senso di estraneità,
simbolo della condizione umana universale.
Eggers è consapevole che oggi abbiamo visto il male raffigurato in così molteplici aspetti e ritratti,
che uno in più rischia non solo di non aggiungere nulla, ma di scivolare nel banale. Ecco quindi che
il Nosferatu di Eggers, pur avendo un volto, quello di Bill Skarsgård, debitamente trasfigurato,
compare ancor meno umanizzato dei precedenti, visibile più come ombra minacciosa, sfuggente e
non identificabile. È un elemento primitivo, una forza oscura, ineluttabile.
In Eggers il tema del dualismo Eros – Thanatos viene enfatizzato come duplicità della natura
umana. Qui Ellen ha per il Conte Orlok un’attrazione che precede il viaggio di Hutter in
Transilvania, in qualche modo lo aveva già evocato, ancor prima di conoscere Hutter, suo futuro
marito. È lei che attira la creatura maligna, perché c’è qualcosa di oscuro in lei. Per liberarsi di
quell’oscurità, del demone che ha dentro, deve unirsi a lui e perire.
Ellen è sia inorridita, sia attratta perdutamente dal conte.
Non a caso Eggers le fa chiedere al Professor Von Franz: “Il male nasce dentro di noi o viene
dall’aldilà?”
Forse la risposta che cerchiamo sta in questa domanda.

1 commento

CinemItalia. Approfondimenti. “Leone d’Oro alla carriera, Mostra del Cinema di Venezia 2025 - Italia Sarà - Giornale nazionale di informazione 18 Aprile 2025 - 21:47

[…] Spesso lavora con attori non professionisti, ma ha un suo attore-feticcio, Klaus Kinski, che ha interpretato molti suoi film, tra cui “Nosferatu, il principe della notte” (https://italiasara.it/2025/02/15/cinemitalia-approfondimenti-nosferatu-uno-e-trino/).  […]

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