Certificato il fallimento di questa misura con il dirottamento delle risorse stanziate per fronteggiare gli effetti negativi dei dazi
Che fine ha fatto la progettata “Transizione 5.0”, ovvero la tanto sbandierata “misura di sostegno alle imprese” promossa fin dalla fine del 2023? La presidente del Consiglio e il ministro delle Imprese Urso l’avevano definita “uno strumento molto utile, la misura più significativa messa in campo nell’Unione Europea”. Però, tredici mesi dopo la sua introduzione, il governo ha sostanzialmente certificato il fallimento di questa misura spiegando che intende dirottare la stragrande maggioranza delle risorse stanziate (ma mai utilizzate) da “Transizione 5.0” su altri progetti di sostegno per fronteggiare gli effetti negativi dei dazi annunciati (e poi ritirati, ma soltanto provvisoriamente) da Donald Trump. “Transizione 5.0” era stata, infatti, pensata dal governo come la più rilevante da inserire nella revisione del PNRR: su 22 miliardi di fondi riassegnati, la sola “Transizione 5.0” ne valeva 6,3. Tuttavia il grosso delle lamentele degli imprenditori riguardava la complessità burocratica che stava alla base del “progetto”: per ottenere i finanziamenti, infatti, c’era bisogno di varie certificazioni che mostrassero che genere di investimenti erano stati fatti e il loro impatto nel ridurre i consumi e le emissioni. Nella prima fase, per aggirare alcune di queste cervellotiche procedure, alcune imprese avevano fornito documentazioni poco accurate, per cui l’Agenzia delle Entrate avviò indagini che accertarono degli illeciti e questo contribuì a scoraggiare ulteriormente le aziende. Ora, nonostante i correttivi annunciati dal governo, secondo gli stessi industriali, “la Transizione 5.0 rimarrà un’occasione mancata”. Per questo, sempre secondo molti industriali, “la misura, già bollata come un flop per la sua complessità e i ritardi iniziali, sembra destinata a replicare il suo fallimento”.