A 45 ANNI DA QUEL TRAGICO 27 GIUGNO 1980, LE VERITÀ NASCOSTE SULLA QUELLA TRAGICA SERA

TERZA PUNTATA

Inchiesta di Vittorio Dal Piano e Marco Delpino

Per comprendere sino in fondo il clima da “guerra fredda” degli anni dei “misteri d’Italia”, occorre contestualizzare la storia all’epoca dei fatti. Il 1980, infatti, non fu un anno qualsiasi. L’anno precedente (1979), l’ayatollah Khomeini era tornato in Iran, accolto trionfalmente da milioni di persone, e di lì a poco un gruppo di giovani islamisti assaltò l’ambasciata americana a Teheran prendendo in ostaggio tutto il personale. A seguito della nascita del primo Stato fondamentalista del mondo, l’Unione Sovietica compì la prima azione militare fuori dalla sua tradizionale zona d’influenza invadendo l’Afghanistan. Si concluse così definitivamente l’epoca della distensione e iniziò il crollo di un equilibrio che aveva garantito per molti anni la sicurezza dell’Occidente e del blocco sovietico. Credendo che avrebbero continuato a controllare il resto del mondo, come avevano fatto nei decenni precedenti, i vertici dei due blocchi inasprirono lo scontro diretto: fu l’inizio di una “nuova guerra fredda”, segnata vistosamente dall’installazione di nuovi missili nucleari, SS-20 da una parte e Cruise e Pershing dall’altra. L’installazione di questi in Italia fu decisa dal secondo governo Cossiga, in carica proprio nel 1980. Aggiungiamo che nel 1978 l’accordo di Camp David aveva aperto concretamente la strada a una faticosa pace tra Israele e palestinesi, provocando la durissima reazione dei Paesi arabi contro l’Egitto che aveva firmato l’accordo con Israele. Ma la tempesta che veniva da Oriente cominciò a incrinare quell’accordo e il Mediterraneo apparve una zona sempre più a rischio, in cui il dittatore libico Gheddafi, inizialmente considerato poco pericoloso, divenne sempre più sospetto, anche per i suoi collegamenti con frange del terrorismo internazionale. Con la Libia di Gheddafi l’Italia intratteneva però rapporti costanti che non piacevano affatto ad alcuni alleati dell’Italia, in primis gli Stati Uniti, che non comprendevano quanto la tradizionale politica italiana nel Mediterraneo rappresentasse un contributo importante per la pace. Da qui la precisa volontà di depistare a tutti i costi le indagini su quella maledetta strage per evitare di arrivare all’acquisizione della verità. Eloquenti diventano, in questo contesto, le dichiarazioni del giudice Priore: «… fin dalle ore successive al disastro stesso e quindi nella successiva fase di svolgimento delle indagini, prima, e durante la celebrazione di processi penali, poi, dalle condotte tenute da vari soggetti, tutti organicamente riconducibili ai Ministeri convenuti, si è determinato un sistematico depistaggio e un intralcio al più proficuo svolgimento delle indagini, mediante sottrazione di documentazione utile allo scopo, ritardi o omissioni nella trasmissione del materiale che gli inquirenti chiedevano via via di acquisire, nonché mediante gravissime reticenze, manifestate financo in sede di interrogatorio o deposizione testimoniale».

Ci vollero 272 udienze, le audizioni di migliaia di testimoni, nonché le perizie, le contro-perizie e una miriade di consulenze per arrivare a una sentenza, pronunciata il 30 aprile del 2004, secondo cui i generali Lamberto Bartolucci e Franco Ferri furono prosciolti per intervenuti termini di prescrizione. E nel novembre 2005, inoltre, la Corte d’Appello ribaltò la sentenza, assolvendo i due militari perché “il fatto non sussiste”. Le prove, secondo i giudici, non erano sufficienti. La procura di Roma presentò ricorso in Cassazione, ma il 10 gennaio 2007 arrivò la sentenza definitiva di assoluzione, con formula piena, di Bartolucci e Ferri. Ma come nel caso dei militari italiani, anche il ruolo delle forze straniere non è mai stato chiarito. Nessuna collaborazione da Francia e Stati Uniti. E anche per i militari transalpini “non esistono registrazioni radar relative al giorno e all’ora richiesti”. E neppure dall’importante base aerea francese a Solenzara, nella Corsica meridionale, a soli 400 chilometri dall’incidente, si vollero fornire informazioni militari, sostenendo che quel giorno le rilevazioni radar furono chiuse alle 17, anche se alcuni ex militari affermarono che il centro fu attivo fino al tramonto. Aggiungiamo che, in un’intervista rilasciata nel 2008, Francesco Cossiga disse di essere stato informato – quando era Presidente della Repubblica – «che erano stati i francesi. Un aereo della Marina, decollando dalla Clemenceau, aveva lanciato un missile».

Una cosa è certa: la sera del 27 giugno del 1980, lungo la rotta del Dc-9 dell’Itavia e nelle ore di effettivo transito di questo velivolo, «era in corso un’operazione aerea militare, coinvolgente numerosi velivoli in assetto da guerra» (fondata sul contesto radaristico accertato nell’ordinanza del Giudice Istruttore e poi confermato dalla sentenza della Corte di Assise di Roma di primo grado). A questa sentenza furono allegate precise condotte che avrebbero concorso al prodursi del disastro. Più esattamente, «negligenze e omissioni di doveri di legge – legati alla garanzia di sicurezza del traffico lungo aerovie civili all’interno dello spazio aereo nazionale – tra cui spiccano la mancata segnalazione, da parte delle autorità militari a quelle responsabili del trasporto aereo civile, della presenza di altri velivoli lungo la rotta seguita dal Dc-9 della compagnia Itavia; così come la mancata tempestiva comunicazione, da parte delle autorità preposte al controllo del traffico aereo, al pilota del Dc-9, della necessità di modificare la rotta programmata, anche solo mediante una riduzione della quota di crociera fino a soglia di sicurezza, proprio in considerazione della situazione di pericolo legata alla presenza anche di altri velivoli lungo la rotta prestabilita».

(fine terza puntata)

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LE PRIME DUE PUNTATE SONO STATE PUBBLICATE SU QUESTO GIORNALE ONLINE NELLA RUBRICA “LE NOSTRE INCHIESTE”

2 commenti

Ramon Cipressi 16 Aprile 2025 - 21:22

Non ci risulta che Lamberto Bartolucci e Franco Ferri furono ritenuti colpevoli di “alto tradimento” e condannati a 15 anni di carcere.

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Marco Delpino 17 Aprile 2025 - 9:17

Difatti. Si è trattato di un errore di trascrizione che abbiamo già provveduto a correggere. Bartolucci e Ferri furono prosciolti e successivamente assolti con formula piena. Quindi completamente fuori dalle vicende di Ustica.

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