Nel libro “sentieri dolci ed irti” di Francesco Brunetti, la languida malinconia di chi ha vissuto, di chi si è specchiato nell’altro e vede la natura come metafora di vita e lenimento dell’animo errante
di Daniela Soncina
Ho terminato di leggere l’ultima silloge poetica di Francesco Brunetti, “Sentieri dolci ed irti” edito dal gruppo Facebook “NoiQui”. Una raccolta di versi che, a mio avviso, raccontano, anzi, dipingono con parole ricercate e semplici attimi e persone; descrivono il mare, la natura, gli animi, i ricordi, il tempo che scorre. Trovo che tutto il libro sia pervaso della languida malinconia di chi ha vissuto, visto molto dentro e fuori da sé, di chi si è specchiato nell’altro e vi ha trovato parte del sé a tutti celato; di chi osserva la natura, la vede anche come metafora di vita e come lenimento dell’animo errante. La luna, le luci spesso citate sembrano essere un punto su cui focalizzare le proprie ansie, le paure del tempo che sfugge di dove l’ieri ha lasciato tracce indelebili, il presente alza gli occhi al cielo in cerca di pace, di un briciolo di magia prima che scenda l’ultima notte ad arrestare il cuore. Nonostante tutto il malessere e la conoscenza di sé e del proprio mondo, il poeta infine sembra sorridere in modo giocondiano concludendo con questi versi: “… io, a volte, sogno ancora”. La magia intrinseca nell’universo e nell’animo umano si svela e fa ancora danzare sogni e desideri, linfa vitale per la persona.
Da leggere e poi rileggere meditando. Poche poesie alla volta… come si osserva più volte un bel quadro, ad ogni lettura si scoprono nuove sfumature, intuisce qualcosa, ferma un’immagine, costruisce un pensiero.
La copertina del libro “Sentieri dolci ed irti” e il poeta e scrittore Francesco Brunetti.